Comprovato che il "colesterolo buono" può aiutare a proteggere il fegato.


Sembra proprio che il cosiddetto "colesterolo buono", (scientificamente noto come lipoproteine ad alta intesità o HDL), potrebbe essere migliore di quanto si pensasse; o almeno questo è quanto ha fatto sapere un gruppo di ricercatori della Washington University School of Medicine, (in collaborazione con l'Università di Cincinnati ed il Medical College of Wisconsin), il quale, tramite uno studio i cui risultati sono stati pubblicati negli ultimi mesi sulla rivista Science, ha suggerito che un tipo di HDL ha un ruolo precedentemente sconosciuto nel proteggere il fegato dalle lesioni, bloccando i segnali infiammatori prodotti dai comuni batteri intestinali. In pratica, come già risaputo, le lipoproteine ad alta intensità sono per lo più note per raccogliere il colesterolo nel corpo e consegnarlo, appunto, al fegato per lo smaltimento; tuttavia nel corso della nuova ricerca, (condotta su modello murino), gli scienziati hanno identificato uno speciale tipo di HDL, (chiamato HDL3), che, quando viene prodotto dall'intestino, blocca i segnali batterici intestinali che normalmente viaggiano dall'intestino al fegato, dove attivano le cellule immunitarie che innescano uno stato infiammatorio, che a sua volta porta ad un danno epatico. Al riguardo Gwendalyn J. Randolph, una delle principali autrici del suddetto lavoro, ha affermato: "Anche se l'HDL è stato considerato il "colesterolo buono", i farmaci che aumentano i livelli complessivi di HDL sono caduti in disgrazia negli ultimi anni a causa di studi clinici che non hanno mostrato alcun beneficio nelle malattie cardiovascolari. Ma il nostro studio suggerisce che l'aumento dei livelli di questo specifico tipo di HDL, ed in particolare l'aumento nell'intestino, può essere promettente per la protezione contro le malattie del fegato, che, (come le malattie cardiache), rappresentano anche un importante problema di salute cronica". In sostanza qualsiasi tipo di danno intestinale può influenzare il modo in cui un gruppo di microbi chiamati batteri Gram-negativi possono influenzare l'organismo: tali microbi producono una molecola infiammatoria chiamata lipopolisaccaride, la quale può viaggiare verso il fegato attraverso la vena porta, vale a dire il vaso principale che fornisce sangue al fegato e trasporta la maggior parte delle sostanze nutritive al fegato dopo che il cibo viene assorbito nell'intestino. Inoltre può capitare che le sostanze dei microbi intestinali viaggino insieme ai nutrienti del cibo e vadano ad attivare le cellule immunitarie che scatenano l'infiammazione: in questo modo gli elementi del microbiota intestinale possono provocare varie patologie del fegato, (tra cui, ad esempio, la malattia del fegato grasso e la fibrosi epatica, in cui il fegato sviluppa tessuto cicatriziale). Tra l'altro alcuni neonati prematuri possono sviluppare una condizione pericolosa per la vita che prende il nome di enterocolite necrotizzante, ovvero un'infiammazione dell'intestino che può richiedere l'asportazione chirurgica di una parte dell'intestino: anche dopo un intervento chirurgico intestinale eseguito con successo, però, questi bambini spesso sviluppano una malattia del fegato, ed il sopracitato team di studiosi voleva capire perché questo accade. In merito a ciò la stessa Gwendalyn J. Randolph ha proseguito spiegando: "Stavamo studiando questo problema in un modello murino della condizione: abbiamo rimosso una porzione dell'intestino tenue nei topi ed esaminato la fibrosi epatica che ne risultava. C'erano accenni in letteratura che l'HDL potrebbe interferire con il rilevamento del lipopolisaccaride da parte delle cellule immunitarie e che il recettore per il lipopolisaccaride potrebbe essere collegato alla malattia del fegato dopo l'intervento all'intestino. Tuttavia finora nessuno pensava che l'HDL si spostasse direttamente dall'intestino al fegato, il che richiede che esso entri nella vena porta. In altri tessuti l'HDL viaggia attraverso un diverso tipo di vaso chiamato vaso linfatico che, nell'intestino, non si collega al fegato. Abbiamo uno strumento molto bello nel nostro laboratorio che ci permette di puntare la luce su diversi organi e tracciare l'HDL da quell'organo. Così, abbiamo voluto illuminare l'intestino e vedere come l'HDL lascia e dove va da lì. È così che abbiamo dimostrato che l'HDL3 parte solo attraverso la vena porta per andare direttamente al fegato". Per di più i ricercatori hanno anche visto che mentre l'HDL3 compie questo breve viaggio lungo la vena porta, si lega ad una proteina, (chiamata lipopolysaccharide binding protein o LBP), la quale a sua volta, come dice lo stesso nome, si attacca al lipopolisaccaride dannoso: quando quest'ultimo risulta legato a tale complesso, gli viene impedito di attivare le cellule immunitarie chiamate cellule di Kupffer, (ossia macrofagi che risiedono proprio nel fegato e che, quando sono attivati dal lipopolisaccaride, possono guidare l'infiammazione di questo organo). In aggiunta, sempre stando ai dati ottenuti dagli scienziati, l'HDL3, in quanto complesso di proteine e grassi, usa la sua partnership con l'LBP per legarsi al lipopolisaccaride, e quando l'LBP fa parte del complesso HDL3, impedisce alla molecola batterica dannosa, appunto, di attivare le cellule Kupffer del fegato ed indurre l'infiammazione. A tal proposito Yong-Hyun Han, altro principale responsabile delle analisi, ha dichiarato: "Pensiamo che l'LBP, solo quando è legata all'HDL3, si trova fisicamente in mezzo, quindi il lipopolisaccaride non può attivare le cellule immunitarie infiammatorie. L'HDL3 sta essenzialmente nascondendo la molecola dannosa. Tuttavia se l'LBP si lega al lipopolisaccaride e l'HDL3 non è presente, l'LBP non è in grado di ostacolarlo. Senza l'HDL3, l'LBP innescherà un'infiammazione più forte". Insomma, gli studiosi hanno dimostrato che il danno al fegato è peggiore quando l'HDL3 dall'intestino viene ridotto, (come, ad esempio, nel caso della rimozione chirurgica di una parte dell'intestino). Al riguardo Gwendalyn J. Randolph è andata avanti sostenendo: "La chirurgia sembra causare due problemi. Un intestino più corto significa una produzione inferiore di HDL3; mentre l'intervento stesso porta ad uno stato pregiudizievole nell'intestino, che permette a più lipopolisaccaridi di riversarsi nel sangue della vena porta. Quando si rimuove la parte dell'intestino che genera più HDL3, si ottiene il peggior risultato epatico. Quando si ha un topo che non può geneticamente produrre HDL3, l'infiammazione del fegato è anche peggiore. Abbiamo pure voluto vedere se questa dinamica era presente in altre forme di lesioni intestinali, così abbiamo guardato dei gruppi di roditori che seguivano una dieta ad alto contenuto di grassi e che erano affetti da una epatopatia alcolica". In concreto in tutti questi modelli di lesioni intestinali, i ricercatori hanno scoperto che, come già anticipato, l'HDL3 risultava svolgere una funzione protettiva, legandosi al lipopolisaccaride supplementare rilasciato dall'intestino danneggiato e bloccando i suoi effetti infiammatori derivati nel fegato. Ma non è tutto poiché dall'indagine in questione è anche emerso che i medesimi complessi molecolari protettivi erano presenti nei campioni di sangue umano, suggerendo che un meccanismo simile è presente nelle persone: gli scienziati hanno usato un composto farmacologico per aumentare l'HDL3 nell'intestino dei topi ed hanno osservato un'azione protettiva contro diversi tipi di lesioni al fegato. Comunque sia, sebbene attualmente tale farmaco sia disponibile soltanto per la ricerca sugli animali, il sopracitato studio ha rivelato nuove possibilità per il trattamento e/o la prevenzione delle malattie del fegato, sia che essi derivino da danni all'intestino causati da diete ad alto contenuto di grassi, dall'abuso di alcool o da lesioni fisiche, sia da quelle derivanti da interventi chirurgici. In merito a ciò la stessa Gwendalyn J. Randolph ha, infine, concluso commentando: "Siamo fiduciosi che l'HDL3 possa servire come bersaglio nelle future terapie per le malattie del fegato. Stiamo continuando la nostra ricerca per capire meglio i dettagli di questo processo unico".

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