Identificata la causa genetica dell'endometriosi.


Come risaputo da tempo, l'endometriosi è una condizione dolorosa e cronica in cui il tessuto che riveste la parete interna dell'utero cresce inappropriatamente al di fuori di esso andando ad impiantarsi in organi diversi, (tra cui principalmente le ovaie, le tube di falloppio, il peritoneo, la vagina e l'intestino): si tratta di una patologia non ancora completamente compresa ed i cui trattamenti attualmente disponibili sono limitati ed includono la chirurgia e la terapia ormonale, la quale può comportare effetti collaterali indesiderati. Tuttavia un recente studio pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine da parte di alcuni ricercatori dell'Università di Oxford, del Baylor College of Medicine,dell'Università del Wisconsin-Madison, della Bayer AG Pharmaceuticals, del QIMR Berghofer Medical Research Institute e dell'Università del Surrey ha offerto nuove intuizioni su come trattare questa malattia debilitante. In pratica gli scienziati hanno eseguito delle analisi genetiche su un gruppo di esseri umani e di macachi rhesus per identificare uno specifico gene, (chiamato NPSR1), che è, appunto, noto per aumentare il rischio di soffrire di endometriosi: i loro risultati hanno rivelato un potenziale nuovo bersaglio farmacologico non ormonale che potrebbe portare ad una terapia migliore. In sostanza precedentemente, analizzando il DNA di famiglie contenenti almeno 3 donne con diagnosi della suddetta condizione, parte dello suddetto team aveva trovato un collegamento genetico sul cromosoma 7p13-15, ed adesso gli studiosi sono riusciti ha verificare tale connessione anche nel DNA di un gruppo di scimmie rhesus affetto proprio da endometriosi spontanea: questa convalida ha giustificato ulteriori ricerche attraverso un'analisi più approfondita del sequenziamento delle famiglie colpite dalla malattia in questione, che ha ristretto la causa genetica a rare varianti nel gene NPSR1. Insomma, per farla breve, si è visto che la maggior parte delle donne portatrici di queste varianti rare avevano una patologia allo stadio III/IV: i ricercatori hanno sequenziato allo stesso modo le macache rhesus ed ancora una volta hanno ottenuto prove suggestive pure in questa specie; mentre un'ulteriore ricerca condotta su più di 11.000 donne, (sia affette da endometriosi che in salute), ha identificato una specifica variante comune nello stesso gene NPSR1 associata anche alla condizione allo stadio III/IV. Al riguardo Jeffrey Rogers, uno dei principali autori del nuovo lavoro, ha spiegato: "Questo è uno dei primi esempi di sequenziamento del DNA nei primati non umani per convalidare i risultati negli studi umani ed il primo ad avere un impatto significativo sulla comprensione della genetica delle malattie metaboliche comuni e complesse. La ricerca sui primati ha davvero aiutato a fornire fiducia in ogni fase dell'analisi genetica negli esseri umani e ci ha dato la motivazione per continuare ad inseguire questi particolari geni". Ad ogni modo, come già anticipato, le informazioni emerse puntano ad un potenziale nuovo bersaglio farmacologico: gli scienziati hanno, infatti, usato un inibitore dell'NPSR1 per bloccare la segnalazione proteica di questo gene in test cellulari e poi in modelli murini di endometriosi; così facendo hanno scoperto che questo trattamento ha portato ad una riduzione dell'infiammazione e del dolore addominale, identificando un bersaglio per la ricerca futura nel trattamento della soprcitata patologia. A tal proposito Krina T. Zondervan, altra principale responsabile dell'indagine in questione, ha, infine, concluso dichiarando: "Questo è un nuovo eccitante sviluppo nella nostra ricerca di nuovi trattamenti per l'endometriosi, una malattia debilitante e poco riconosciuta che colpisce 190 milioni di donne in tutto il mondo. Abbiamo bisogno di fare ulteriori ricerche sul meccanismo d'azione e sul ruolo delle varianti genetiche nella modulazione degli effetti del gene in tessuti specifici. Tuttavia abbiamo un nuovo promettente obiettivo non ormonale per ulteriori indagini e sviluppo che sembra affrontare direttamente le componenti infiammatorie e di dolore della patologia".

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