Individuato una segnale che le cellule di grasso inviano al cuore per aiutarlo a proteggersi dagli effetti dell'obesità.


In apparenza un segnale di stress inviato dalle cellule di grasso e ricevuto dal cuore potrebbe aiutare a proteggere dai danni cardiaci indotti dall'obesità; o almeno questo è quanto hanno scoperto di recente alcuni ricercatori dell'University of Texas Southwestern Medical Center, della Washington University School of Medicine e dell'Ulm University Medical Center nel corso di uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Metabolism e che potrebbe aiutare a spiegare il cosiddetto "paradosso dell'obesità", vale a dire un fenomeno in cui gli individui obesi hanno prognosi di malattie cardiovascolari a breve e medio termine migliore rispetto a quelli magri, ma con risultati a lungo termine in definitiva peggiori. Al riguardo Philipp E. Scherer, uno dei principali autori, ha affermato: "Il meccanismo che abbiamo identificato qui potrebbe essere uno dei tanti che protegge il cuore nell'obesità"; mentre Clair Crewe, altra responsabile della suddetta ricerca, ha aggiunto: "Lo stress metabolico dell'obesità porta gradualmente il tessuto grasso ad uno stato disfunzionale, causando la riduzione e la morte dei suoi mitocondri, (ovvero gli organelli cellulari che generano energia). Alla fine questo grasso malsano perde la capacità di memorizzare i lipidi generati dall'eccesso di calorie nel cibo, avvelenando altri organi attraverso un effetto chiamato lipotossicità. Alcuni organi, (tra cui il cuore), sembrano ricorrere ad una difesa preventiva per proteggersi dalla lipotossicità. Ma come faccia il cuore a percepire lo stato disfunzionale del grasso è un qualcosa che finora era rimasto sconosciuto". In pratica durante il loro nuovo lavoro gli scienziati hanno utilizzato una tecnica genetica per accelerare la perdita di massa e della funzione mitocondriale in un gruppo di topi da laboratorio, ed hanno osservato che quando questi animali seguivano una dieta ad alto contenuto di grassi, (diventando quindi obesi), le loro cellule di grasso inviavano vescicole extracellulari piene di piccoli pezzi di mitocondri morenti: si è anche visto che alcuni di questi frammenti mitocondriali sono stati in grado di viaggiare attraverso il flusso sanguigno ed arrivare, appunto, nel cuore, dove hanno innescato il cosiddetto stress ossidativo, (ossia uno stato in cui le cellule generano radicali liberi dannosi). In sostanza generalmente per contrastare questo stato di stress le cellule del cuore producono una marea di molecole antiossidanti protettive: nel caso in questione tale contraccolpo protettivo è stato così forte che quando gli studiosi hanno iniettato delle vescicole extracellulari piene di frammenti mitocondriali in alcuni dei sopracitati roditori e successivamente indotto in essi un attacco di cuore, gli animali hanno mostrato di aver subìto significativamente meno danni rispetto agli esemplari che non avevano ricevuto l'iniezione. A tal proposito la stessa Clair Crewe ha, infine, concluso dichiarando: "Ulteriori ricerche hanno utilizzato il tessuto adiposo prelevato da pazienti umani obesi ed hanno mostrato che anche queste cellule rilasciano vescicole extracellulari piene di mitocondri; il che ha suggerito che gli effetti osservati nei topi hanno luogo pure negli esseri umani. Alla fine il cuore e gli altri organi in individui obesi diventano sopraffatti dagli effetti lipotossici, portando a molte delle comorbidità dell'obesità. Tuttavia imparare a generare artificialmente il meccanismo protettivo identificato nel nostro studio potrebbe portare a nuovi modi per tamponare le conseguenze negative dell'obesità. Questa conoscenza potrebbe anche suggerire strategie per proteggere il cuore dai danni negli individui magri. Comprendendo meglio il segnale di sofferenza dal grasso potremmo essere in grado di sfruttare il meccanismo per migliorare la salute del cuore in individui obesi e non obesi allo stesso modo".

Commenti