Scovati i meccanismi chiave dietro la degenerazione delle sinapsi nell'Alzheimer.


Generalmente i cervelli adulti in salute sono dotati di un gran numero di sinapsi, (ossia strutture che trasmettono segnali attraverso le cellule nervose per consentire la comunicazione, l'elaborazione e la memorizzazione delle informazioni in tutto il sistema nervoso), e fatta eccezione per i periodi dinamici in cui il cervello sta imparando nuove informazioni o abilità, il numero di quelle "glutammatergiche", (ovvero il principale tipo di sinapsi che i neuroni usano per attivarsi a vicenda), rimane in gran parte costante negli adulti. Tuttavia nei disturbi cerebrali, (come, ad esempio, l'Alzheimer), tali connessioni sinaptiche, (che contengono i preziosi ricordi), sono note per rompersi troppo presto e scomparire: si pensa che questa degenerazione delle sinapsi inizi molto prima della perdita della memoria ed acceleri con il progredire della malattia, ma ciononostante le cause dietro questo deterioramento nei disturbi neurodegenerativi non sono state ben comprese, soprattutto perché la comunità scientifica non ha ancora svelato i meccanismi chiave che normalmente tengono insieme queste minuscole strutture, (si parla di una media di un micrometro di diametro), nel corso della vita. O almeno così era stato finora poiché recentemente, attraverso uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances, alcuni ricercatori dell'Università della California, San Diego hanno scoperto i meccanismi a lungo ricercati che si nascondo dietro il mantenimento delle sinapsi glutammatergiche: sulla base di questa scoperta fondamentale hanno consecutivamente identificato anche i componenti principali che guidano la degenerazione sinaptica associata alle famigerate betamiloidi, vale a dire peptidi di 36-43 amminoacidi derivati dalla proteina precorritrice dell'amiloide, (nota anche con la sigla APP), e rappresentano il componente principale delle placche amiloidi trovate nel cervello delle persone affette, appunto, dal morbo di Alzheimer. In pratica, come già noto, nonostante gli enormi sforzi, la scoperta di farmaci per combattere questo disturbo non ha avuto successo e finora gli approcci principali sono stati di ridurre la produzione di betamiloide oppure di eliminare le placche amiloidi; mentre adesso la suddetta nuova ricerca ha suggerito un approccio alternativo più a valle: proteggere le sinapsi bloccando direttamente le azioni tossiche della betamiloide. In sostanza le sinapsi glutammatergiche sono strutture altamente polarizzate con una parte presinaptica da una cellula nervosa ed una parte postsinaptica da un'altra: questo tipo di polarità assicura la corretta direzione del flusso di informazioni. Inoltre precedentemente gli stessi scienziati avevano osservato che durante lo sviluppo del cervello le strutture sinaptiche altamente polarizzate sono assemblate da componenti della cosiddetta via della polarità cellulare planare, (conosciuta anche con l'acronimo PCP): si tratta di un potente percorso di segnalazione che polarizza le giunzioni cellula-cellula lungo il piano del tessuto. Insomma, utilizzando la microscopia a super risoluzione, gli studiosi hanno rilevato la posizione precisa di questi stessi componenti di segnalazione PCP, (chiamati rispettivamente CELSR3, Frizzled3 e VANGL2), all'interno delle sinapsi glutammatergiche nel cervello adulto, e successivamente hanno visto che la rimozione di questi componenti essenziali per l'assemblaggio iniziale delle sinapsi a partire dai neuroni adulti può alterare drammaticamente il numero delle sinapsi: queste sorprendenti scoperte suggeriscono che il numero complessivo di sinapsi in un cervello normale è mantenuto da un sottile equilibrio tra la CELSR3, (che stabilizza la sinapsi), e la VANGL2, (che smonta le sinapsi). Ad ogni modo curiosi di sapere se questi componenti fossero coinvolti nella degenerazione delle sinapsi, i ricercatori hanno poi verificato se la betamiloide, (cioè un driver chiave della perdita di sinapsi nella malattia di Alzheimer), colpisce la funzione o l'interazione di queste proteine: in una serie di esperimenti hanno quindi dimostrato che gli oligomeri della betamiloide si legano alla CELSR3 e permettono alla VANGL2 di smontare più efficacemente le sinapsi, probabilmente indebolendo le interazioni tra la CELSR3 e la Frizzled3. Al riguardo Yimin Zou, uno dei principali autori del sopracitato nuovo lavoro, ha affermato "È come se la betamiloide avesse scoperto da tempo il tallone d'Achille delle nostre sinapsi". In ogni caso quando gli scienziati hanno rimosso la VANGL2 dai neuroni, hanno rilevato che la betamiloide non era più in grado di causare la degenerazione sinaptica sia nelle culture neuronali che negli animali esposti agli oligomeri di tale proteina. Tra l'altro, considerando che il gene RYK, (ossia un regolatore della via PCP che interagisce con la Frizzled3 e la VANGL2), risulta essere presenta anche all'interno delle sinapsi adulte e funziona allo stesso modo della VANGL2 per mediare lo smontaggio delle sinapsi, gli studiosi hanno constatato che bloccarlo tramite l'utilizzo di anticorpi che ne inibiscono la funzione può proteggere le sinapsi dalla degenerazione indotta, appunto, dalla betamiloide. In aggiunta per testare ulteriormente l'ipotesi che questa via di segnalazione fondamentale è un obiettivo primario della degenerazione delle sinapsi nell'Alzheimer, i ricercatori si sono serviti di alcuni topi 5XFAD, vale a dire appartenenti ad un modello murino ben noto e riguardante la patologia causata dalla betamiloide: si tratta di esemplari transgenico che portano cinque mutazioni umane responsabili del morbo di Alzheimer e quindi mostrano gravi sintomi di degenerazione sinaptica e perdita della funzione cognitiva. In concreto così facendo è emerso che la rimozione dell'RYK per il cosiddetto knockout genico dai neuroni adulti ha protetto le sinapsi e preservato la funzione cognitiva dei roditori presi in esame: l'infusione della funzione che blocca l'anticorpo RYK si è dimostrata anche in grado di svolgere una funzione protettiva delle sinapsi ed ha conservato la funzione cognitiva nei topi 5XFAD, suggerendo che tale anticorpo è un potenziale agente terapeutico. In definitiva questi entusiasmanti risultati hanno suggerito che la via PCP è un bersaglio diretto per contrastare la perdita di sinapsi indotta dalla betamiloide nel corso della malattia di Alzheimer. In merito a ciò lo stesso Yimin Zou ha proseguito dichiarando: "Poiché la patologia della betamiloide e la perdita di sinapsi di solito si verificano nelle prime fasi della malattia di Alzheimer, anche prima che il declino cognitivo possa essere rilevato, un intervento precoce, come il ripristino del riequilibrio della via PCP, sarà probabilmente benefico per i pazienti colpiti dall'Alzheimer". Comunque sia ci sarebbe da dire che anche la neuroinfiammazione, (risultante dall'attivazione di astrociti e microglia), rappresenta un segno distintivo del morbo di Alzheimer, che può essere indotta dall'accumulo di betamiloide ed è nota per accelerare la perdita delle sinapsi: sorprendentemente gli scienziati hanno scoperto che l'anticorpo RYK può anche bloccare l'attivazione degli astrociti e della microglia nel modello murino 5XFAD. A tal proposito Yimin Zou ha, infine, concluso spiegando: "Sebbene al momento non siamo stati capaci di stabilire se ciò è dovuto all'effetto indiretto della protezione delle sinapsi o al blocco delle funzioni dell'RYK nell'infiammazione, (oppure ad entrambi), i nostri risultati si sono dimostrati essere coerenti con il miglioramento del comportamento cognitivo e sostengono ulteriormente l'RYK come un potenziale bersaglio terapeutico sia per proteggere le sinapsi che per ridurre l'infiammazione nell'Alzheimer. Questa scoperta può essere applicabile alla degenerazione delle sinapsi in generale, poiché i componenti della via PCP possono essere i bersagli sinaptici diretti che mediano la perdita delle sinapsi in altri disturbi neurodegenerativi, (come, per esempio, il morbo di Parkinson e la Sclerosi Laterale Amiotrofica o morbo di Lou Gehrig)".

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