Secondo un recente studio, la presenza d'acqua su Marte potrebbe essere limitata dalle sue piccole dimensioni.


Si sa, l'acqua è un qualcosa di indispensabile sia per la vita sulla Terra che su qualsiasi altro pianeta, ma nonostante negli ultimi decenni la comunità scientifica abbia trovato ampie prove di acqua nella storia di Marte, ad oggi il famigerato pianeta rosso non presenta tracce d'acqua liquida sulla sua superficie. Tuttavia un nuovo studio condotto da un gruppo di ricercatori del McDonnell Center for the Space Sciences, del Czech Geological Survey, della Scripps Institution of Oceanography, dell'Università di Berna, dell'Università di Münster e dell'Università di Bristol, e pubblicato sulla rivista PNAS ha suggerito una causa fondamentale di ciò: Marte potrebbe, infatti, essere semplicemente troppo piccolo per trattenere grandi quantità di acqua. In pratica le ricerche di telerilevamento e le analisi dei meteoriti marziani che risalgono agli anni '80 hanno stabilito che, appunto, un tempo il pianeta rosso era ricco d'acqua: la sonda orbitale Viking e più recentemente i rover Curiosity e Perseverance hanno catturato immagini drammatiche di paesaggi marziani segnati da valli fluviali e canali alluvionali, dove però non è rimasta acqua liquida sulla superficie. In sostanza, sebbene nel corso degli anni la comunità scientifica abbia proposto molte possibili spiegazioni, (tra cui, ad esempio, un indebolimento del campo magnetico di Marte che potrebbe aver portato alla perdita di una spessa atmosfera), adesso, come già spiegato, il suddetto nuovo lavoro ha avanzato un'ipotesi ancora più fondamentale per cui nelle sue condizioni attuali il pianeta appare così drasticamente diverso rispetto alla Terra. Al riguardo Kun Wang, uno dei principali autori della suddetta ricerca, ha affermato: "Il destino di Marte è stato deciso fin dall'inizio. Probabilmente esiste una soglia dei requisiti di dimensione che i pianeti rocciosi devono rispettare per trattenere abbastanza acqua e consentire l'abitabilità e la tettonica a placche: una massa superiore a quella di Marte". Insomma, entrando un po' più nei particolari, per arrivare a tale conclusione gli scienziati hanno utilizzato gli isotopi stabili del potassio ed hanno stimato la presenza, la distribuzione e l'abbondanza di elementi volatili su diversi corpi planetari. In concerto il potassio è un elemento moderatamente volatile, ma in questo caso è stato scelto come una sorta di tracciante per elementi e composti più volatili, (come, appunto, l'acqua): si tratta di una tecnica relativamente nuova che si discosta dai precedenti tentativi di usare i rapporti potassio-torio raccolti dal telerilevamento e dall'analisi chimica per determinare la quantità di elementi volatili che il pianeta rosso possedeva in passato; non è un caso che in precedenza gli stessi studiosi abbiano usato un metodo tracciante del potassio per studiare la formazione della Luna. Ad ogni modo durante la nuova indagine in questione i ricercatori hanno misurato la composizione degli isotopi di potassio di 20 meteoriti marziani precedentemente confermati, selezionati per essere rappresentativi della composizione dei silicati del pianeta: usando questo approccio hanno determinato che Marte ha perso più potassio ed altri elementi volatili rispetto alla Terra nel corso della sua formazione, ma ne ha mantenuto più rispetto alla Luna e all'asteroide 4 Vesta, (ossia due corpi molto più piccoli e secchi dei suddetti pianeti). Inoltre gli scienziati hanno anche trovato una correlazione ben definita tra le dimensioni del corpo e la composizione isotopica del potassio. In merito a ciò Katharina Lodders, altra principale responsabile delle analisi, ha spiegato: "La ragione per abbondanze molto più basse di elementi volatili e dei loro composti nei pianeti differenziati rispetto ai meteoriti primitivi indifferenziati è stata una questione di lunga data. La scoperta della correlazione delle composizioni isotopiche del potassio con la gravità del pianeta è una novità con importanti implicazioni quantitative per quando e come i pianeti differenziati hanno ricevuto e perso i loro elementi volatili". Mentre lo stesso Kun Wang ha successivamente aggiunto: "I meteoriti marziani sono gli unici campioni a nostra disposizione per studiare la composizione chimica della massa di Marte. Questi meteoriti marziani hanno età che variano da diverse centinaia di milioni di anni a 4 miliardi di anni e registrano la storia dell'evoluzione volatile di Marte. Attraverso la misurazione degli isotopi di elementi moderatamente volatili, (come il potassio), possiamo dedurre il grado di esaurimento volatile dei pianeti massicci e fare confronti tra diversi corpi del Sistema Solare. È indiscutibile che una volta c'era acqua liquida sulla superficie di Marte, ma quanta acqua in totale Marte avesse una volta è difficile da quantificare solo attraverso il telerilevamento e gli studi dei rover. Ci sono molti modelli là fuori relativi al contenuto d'acqua grezza di Marte. In alcuni di essi, Marte primordiale era addirittura più umido della Terra. Noi non crediamo che sia stato così". Comunque sia, secondo quanto hanno fatto sapere gli studiosi, i risultati ottenuti potrebbero avere implicazioni per la ricerca della vita su altri pianeti oltre a Marte. Ciononostante ci sarebbe anche da dire che la troppa vicinanza al Sole, (o nel caso degli esopianeti, alla propria stella), può influenzare la quantità di elementi volatili che un corpo planetario può trattenere e finora tale misura della distanza dalla stella è stata spesso presa in considerazione negli indici delle cosiddette "zone abitabili". A tal proposito Klaus Mezger, anch'egli uno dei principali autori dell'indagine in questione, ha dichiarato: "Questo studio sottolinea che c'è una gamma di dimensioni molto limitata per far sì che i pianeti abbiano la giusta quantità d'acqua per sviluppare un ambiente di superficie abitabile. Questi risultati guideranno gli astronomi nella loro ricerca di esopianeti abitabili in altri Sistemi Solari". Invece Kun Wang ha, infine, concluso sostenendo: "Pensiamo che per i pianeti che si trovano all'interno di zone abitabili, le dimensioni dovrebbero probabilmente essere più enfatizzate e considerate regolarmente quando si cerca di capire se un esopianeta potrebbe sostenere la vita. La dimensione di un esopianeta è uno dei parametri più facili da determinare. Sulla base delle dimensioni e della massa, ora sappiamo se un esopianeta è un candidato per la vita, perché un fattore determinante di primo ordine per la ritenzione volatile è proprio la sua dimensione".

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