In apparenza negli occhi dei pazienti con atrofia geografica, (ossia una forma non trattabile e poco compresa di degenerazione maculare legata all'età che causa cecità), si accumula del DNA nocivo; o almeno questo è quanto ha fatto sapere un recente studio pubblicato sulla rivista Science Advances da parte di un gruppo di ricercatori dell'University of Virginia School of Medicine, (in collaorazione con l'Università del Kentucky, la Nagoya University Graduate School of Medicine, l'Universidade Federal de São Paulo, la Shanghai Jiao Tong University School of Medicine, il Doheny Eye Institute, la David Geffen School of Medicine, il Center for Digital Image Evaluation, il Cole Eye Institute, il Paul-Ehrlich-Institut, l'Università di Tsukuba, l'Università della Florida e la Keck School of Medicine of the University of Southern California, Los Angeles), secondo i quali potrebbe essere possibile trattare questa malattia con farmaci comunemente usati contro l'HIV oppure con un'alternativa ancora più sicura. In pratica sebbene in realtà tale DNA dannoso, (noto come Alu cDNA), sia stato precedentemente scoperto dai medesimi scienziati per essere prodotto nel citoplasma, i risultati ottenuti adesso sono stati ritenuti essere i primi a confermare che l'accumulo di Alu cDNA può essere riscontrato nei pazienti affetti da qualsiasi malattia: il che ha offerto anche nuovi spunti su come l'atrofia geografica progredisce nel tempo. Al riguardo Jayakrishna Ambati, uno dei principali autori della suddetta ricerca, ha spiegato: "Anche se sapevamo che l'atrofia geografica si espande nel tempo, non sapevamo come o perché. La nostra scoperta negli occhi umani che i livelli di Alu cDNA sono più alti al principio della lesione causata dall'atrofia geografica fornisce una forte evidenza che esso è responsabile di questa espansione nel tempo che porta alla perdita della vista". In sostanza, come già anticipato, la patologia in questione è una forma avanzata di degenerazione maculare legata all'età, una malattia potenzialmente accecante che si stima colpisca 200 milioni di persone in tutto il mondo e che una volta arrivata al suo stadio finale distrugge le cellule vitali della retina, (ossia la parte dell'occhio che percepisce la luce). Ad ogni modo ora i sopracitati studiosi hanno scoperto che questa distruzione viene causata proprio dall'accumulo di Alu DNA, che, come già detto, si è visto galleggiare nel citoplasma delle cellule: ciò ha rappresentato una grande sorpresa in quanto generalmente si pensa che il DNA sia contenuto nel nucleo delle cellule. Insomma, per farla breve i ricercatori hanno osservato che quando questo tipo di DNA nocivo si accumula nell'occhio, scatena un'infiammazione dannosa attraverso una parte del sistema immunitario denominata inflammasoma: sempre seondo quanto hanno identificato, ciò accade per via di un aspetto strutturale precedentemente sconosciuto della sequenza Alu il quale innesca il meccanismo immunitario di cui sopra che a sua volta porta alla morte delle cellule vitali della retina. Inoltre, sempre stando alle ipotesi degli scienziati, è qui che i farmaci per l'HIV chiamati inibitori della trascrittasi inversa nucleosidica, (conosciuti anche con la sigla NRTI), potrebbero entrare in gioco: grazie ad un modello murino, il nuovo lavoro ha, infatti, dimostrato che questi farmaci, (o derivati più sicuri noti come Kamuvudine), potrebbero bloccare l'infiammazione dannosa e proteggere dalla morte delle cellule della retina. A tal proposito lo stesso Jayakrishna Ambati ha, infine, concluso dichiarando: "Negli ultimi due decenni, decine di studi clinici per l'atrofia geografica che hanno preso di mira altri percorsi hanno fallito. Questi risultati ottenuti dagli occhi dei pazienti hanno fornito un forte impulso per una nuova direzione. Le nostre ultime scoperte offrono un ulteriore sostegno alla conduzione di studi clinici per testare i farmaci nei pazienti con degenerazione maculare. Uno studio precedente su quattro diversi database di assicurazione sanitaria, (che comprende più di 100 milioni di pazienti in due decenni), ha scoperto che le persone che assumono NRTI hanno quasi il 40% in meno di probabilità di sviluppare la degenerazione maculare secca. I nostri risultati sugli occhi umani mostrano che queste molecole tossiche, (che attivano l'inflammasoma), sono più abbondanti proprio nell'area di maggiore attività della malattia. Siamo molto fiduciosi che una sperimentazione clinica di Kamuvudine sarà presto avviata per l'atrofia geografica in modo da poter potenzialmente offrire un trattamento contro questa devastante condizione".
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