Trovata una connessione tra l'esposizione all'arsenico ed il diabete mellito di tipo 2.


Il mese scorso uno studio pubblicato sulla rivista Molecular Metabolism da parte di alcuni ricercatori dell'Università dell'Arizona e del Rutgers Cancer Institute of New Jersey ha annunciato di aver identificato il meccanismo biologico che collega l'esposizione a lungo termine all'arsenico a malattie come, ad esempio, il cancro ed il diabete mellito di tipo 2; il che potrebbe portare a potenziali nuovi obiettivi per lo sviluppo di farmaci. In pratica, secondo i Centers for Disease Control and Prevention, (conosciuti anche con la sigla CDC), più di 34 milioni di americani soffre di diabete e circa il 90-95% di loro ha quello di tipo 2: uno dei principali fattori di rischio è l'esposizione a tossici ambientali, (in particolare l'esposizione cronica all'arsenico), che si è dimostrata essere in grado di influenzare la produzione di insulina e la sensibilità ad essa, così come i livelli di zucchero nel sangue ed i profili lipidici, vale a dire tutte caratteristiche comuni dell'insorgenza e della progressione, appunto, del diabete. Inoltre considerando che tale sostanza chimica è un metalloide naturale che si trova nel suolo, può essere uno dei contaminanti più significativi nell'acqua potabile a livello globale, soprattutto se ingerito in quantità non sicure: ciò, combinato con l'esposizioni professionali, (come, per esempio, durante l'estrazioni minerarie), fa sì che più di 160 milioni di persone in tutto il mondo siano esposte all'arsenico. Ad ogni modo adesso, come già anticipato, la suddetta nuova ricerca ha scoperto un meccanismo biologico attraverso il quale l'esposizione cronica a questo elemento chimico può portare all'insulino-resistenza ed all'intolleranza al glucosio, (ossia due caratteristiche chiave della progressione proprio del diabete): per arrivare a tali conclusioni gli scienziati hanno esaminato l'effetto dell'esposizione all'arsenico sull'attivazione del fattore 2 correlato all'eritroide nucleare, (noto anche con la sigla NRF2), una proteina che svolge un ruolo importante nel mantenere l'omeostasi cellulare, soprattutto durante i periodi di stress ossidativo quando c'è uno squilibrio di radicali liberi dell'ossigeno ed antiossidanti nel corpo. In sostanza questo tipo di stress a lungo termine, (come quello causato dal fumo di sigaretta, dalle radiazioni, da diete ad alto contenuto di zucchero, grassi ed alcool, o dalle tossine ambientali), contribuisce allo sviluppo di una serie di condizioni croniche, (tra cui, appunto, il cancro, il diabete e le malattie neurodegenerative). Tuttavia, come già detto, lavori precedenti hanno visto che l'NRF2 è il regolatore dell'organismo contro lo stress ossidativo: quando il corpo entra in uno stato di stress il suddetto fattore viene, infatti, attivato ed inizia il processo di protezione cellulare; mentre quando l'omeostasi cellulare viene ripristinata, i livelli dell'NRF2 tornano alla normalità. Insomma, nel corso delle loro nuove analisi gli studiosi hanno osservato che l'esposizione all'arsenico può provocare l'attivazione prolungata ed incontrollata dell'NRF2, il quale in precedenza è stato dimostrato essere un promotore della progressione del cancro e della resistenza alla terapia anti-cancro. Tra l'altro entrando un po' più nei dettagli i ricercatori hanno constatato che l'esposizione a tale sostanza chimica porta ad un'intolleranza al glucosio ed una diminuita sensibilità all'insulina: in particolar modo è emerso che l'attivazione prolungata dell'NRF2 dovuta all'esposizione cronica all'arsenico è capace di causare spostamenti nei percorsi che controllano il metabolismo di aminoacidi, acidi grassi, carboidrati, lipidi e vari farmaci. Comunque sia i risultati hanno anche stabilito che la persistente attivazione dell'NRF2 in risposta all'arsenico è in grado di aumentare la produzione di glucosio nel fegato ed il rilascio di questo stesso glucosio nel flusso sanguigno; il che potrebbe rappresentare un elemento chiave dei cambiamenti nella glicemia sistemica. Al riguardo Donna D. Zhang, una delle principali autrici dell'indagine in questione ha, infine, concluso dichiarando: "Speriamo che questo studio serva come base per la futura ricerca sul diabete causato dagli agenti tossici qui all'Università dell'Arizona ed altrove. Il nostro obiettivo finale è quello di sviluppare strategie preventive o interventistiche efficaci per trattare le popolazioni esposte".

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