Negli ultimi 15 anni la comunità scientifica mondiale ha utilizzato il sequenziamento del DNA per identificare le mutazioni genetiche che causano le diverse forme di cancro, ma di recente un team di ricercatori del Salk Institute for Biological Studies e dell'Università della Virginia, durante uno studio i cui risultati sono stati pubblicati lo scorso mese sulla rivista Nature Communications, hanno combinato le informazioni sulle mutazioni genetiche con i dati di prevalenza del cancro per rivelarne le basi genetiche nell'intera popolazione dei pazienti affetti da cancro negli Stati Uniti: così facendo sono riusciti a rivelare quanto comunemente ogni gene risultava essere mutato all'interno di tale gruppo di pazienti affetti da una qualche forma di tumore; il che potrebbe aiutare a guidare la ricerca genetica per sviluppare trattamenti più efficaci di quelli attualmente disponibili. Al riguardo Edward Stites, uno dei principali autori, ha affermato: "Il nostro documento risponde ad una domanda molto semplice: quali sono i geni più comunemente mutati nel cancro umano? Sorprendentemente finora questa domanda non aveva avuto una risposta". In pratica, come già noto da tempo, le mutazioni genetiche giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella crescita dei vari tumori: possono anche essere presi di mira per un trattamento efficace. Tuttavia, sebbene molti lavori precedenti abbiano identificato le mutazioni coinvolte in alcuni tipi neoplasie, (come il cancro al seno o il linfoma), fino ad ora nessuno di essi era mai riuscito a combinare i dati in un modo che potesse rivelare quali mutazioni sono più comuni nell'intera popolazione di pazienti oncologici. In sostanza ogni tipologia di tumore è diversa, e ciò ha reso difficile determinare quali geni cancerosi e quali obiettivi farmacologici dovrebbero essere prioritari per ulteriori esami: per questo motivo, come già anticipato, gli scienziati hanno deciso di combinare set di dati provenienti da svariati studi genomici ed epidemiologici sul cancro per determinare quale percentuale di tutti i pazienti con neoplasia aveva un gene mutato. Insomma, anche se questo compito inizialmente sembrava semplice, gli studiosi hanno presto scoperto perché la domanda di cui sopra non aveva avuto risposta prima d'ora: le analisi genomiche ed epidemiologiche non usano un sistema di denominazione comune per i vari tumori, (ad esempio, alcuni ricercatori hanno classificato i tumori per posizione sul corpo; mentre altri li hanno raggruppati per tipo di tumore; e molti altri hanno usato una combinazione dei due), e questo ha reso difficile allineare i set di dati, cosa fondamentale per determinare quanto fossero comuni le diverse mutazioni. Ad ogni moso per superare tale sfida, gli scienziati hanno analizzato attentamente più di 200 studi ed hanno rivisto e riclassificato individualmente ogni tipo cancro secondo un sistema di denominazione coerente: successivamente hanno confrontato le serie di dati, tenendo conto del fatto che alcuni tumori sono più comuni di altri. Inoltre quando gli studiosi hanno analizzato i dati, hanno scoperto che alcune credenze diffuse erano errate: per esempio, KRAS è un importante gene che promuove il cancro e che si credeva fosse mutato nel 25% di tutte le neoplasie; invece, si è visto che risulta essere coinvolto solo nell'11% dei casi, (ciò fa parte di una tendenza in cui le singole mutazioni genetiche sono state trovate meno comuni di quanto si pensasse in precedenza). A tal proposito nell'introduzione della suddetta nuova indagine i ricercatori hanno scritto: «Le mutazioni giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo del cancro, e molte creano vulnerabilità mirate. Ci sono entrambi i benefici di salute pubblica e scienza di base dalla determinazione della proporzione di tutti i casi di cancro all'interno di una popolazione che includono una forma mutante di un gene. Qui, forniamo le prime stime combinando dati genomici ed epidemiologici. Stimiamo che KRAS sia mutato solo nell'11% di tutti i tumori, che è meno del PIK3CA, (mutato nel 13% dei casi), e marginalmente superiore al BRAF, (nell'8%). TP53 è il gene più comunemente mutato, (nel 35%), e KMT2C, KMT2D, ed ARID1A sono tra i dieci geni driver più comunemente mutati, evidenziando il ruolo della disregolazione epigenetica nel cancro. L'analisi delle principali sottoclassificazioni del cancro ha evidenziato dipendenze variabili sui singoli driver del cancro. Nel complesso riteniamo che la genetica del cancro è meno dominata da geni driver del cancro ad alta frequenza e di alto profilo di quanto gli studi limitati ad un sottoinsieme di tipi di cancro abbiano suggerito». Mentre lo stesso Edward Stites ha, infine, concluso spiegando: "Questi risultati parlano di una necessità di rivalutare dove le persone hanno concentrato il loro tempo, l'attenzione e le risorse. Dovremmo bilanciare gli sforzi di ricerca in modo più uniforme tra le diverse cause genetiche del cancro, e dovremmo equilibrare lo sviluppo di nuovi trattamenti contro il cancro in modo più uniforme tra le diverse strategie di trattamento principali, perché il concetto di colpire mutazioni specifiche sarà meno efficace di quanto si sia ipotizzato".
Di seguito un'immagine che mostra i tumori più diffusi negli USA ed i geni più mutati:
Commenti
Posta un commento