Fin da tempi antichi il microbioma intestinale, (che ospita un vasto numero di batteri, virus, funghi ed altri microrganismi), è ritenuto essere in grado di influenzare molti aspetti della salute umana, ma di recente la tecnologia di sequenziamento ha dimostrato che esso può avere un ruolo anche nel trattamento del cancro: un nuovo studio pubblicato lo scorso mese sulla rivista JAMA Oncology da parte di alcuni ricercatori del Center for Stem Cell and Translational Immunotherapy, del Brigham and Women's Hospital e dell'Harvard Stem Cell Institute ha, infatti, illustrato l'attuale comprensione del legame tra il microbioma intestinale e la risposta terapeutica all'immunoterapia, alla chemioterapia, alla chirurgia oncologica ed altro ancora, indicando i modi in cui potrebbe essere preso di mira per migliorare tali trattamenti. Al riguardo Khalid Shah, uno dei principali autori, ha spiegato: "Sappiamo che un intestino sano è fondamentale per la nostra salute generale. Il nostro intestino è così importante che spesso lo definiamo il nostro "secondo cervello". Negli ultimi anni abbiamo iniziato ad apprezzare i numerosi ruoli dell'intestino, tra cui la connessione intestino-cervello e la connessione tra l'intestino ed il nostro sistema immunitario. Al contrario la disfunzione o disbiosi intestinale può avere un effetto negativo sulla nostra salute". In pratica gli scienziati hanno fatto riferimento ad un ruolo emergente del microbioma intestinale nell'immunoterapia: sebbene gli inibitori del checkpoint immunitario e la terapia di blocco del medesimo checkpoint siano strategie innovative per il trattamento del cancro, è emerso che la risposta a queste forme di trattamento varia notevolmente tra gli individui e tra i vari tipi di tumore. Difatti diverse ricerche precedenti hanno riscontrato differenze nelle specie di batteri presenti nei campioni fecali di soggetti con una risposta e quelli senza, suggerendo che la diversa composizione della flora dell'intestino può influenzare le risposte cliniche; mentre altri lavori hanno evidenziato che la dieta, (in particolar modo quella chetogenica), ed i probiotici, così come i farmaci antibiotici ed i batteriofagi, possono influenzare la composizione del microbioma intestinale e di conseguenza alterare anche la risposta ddei vari soggetti all'immunoterapia. In merito a ciò lo stesso Khalid Shah ha proseguito affermando: "Oggi lo sviluppo di trattamenti che sincronizzano immunoterapie e microbioma intestinale offre alla medicina un'opportunità unica di cambiare veramente la cura dei pazienti". Inoltre, come già anticipato, nel corso delle loro analisi gli studiosi hanno anche fornito una panoramica di come il microbioma intestinale risulti essere coinvolto nell'influenzare la risposta alla chemioterapia e ad altri trattamenti antitumorali convenzionali, nonché di come le terapie antitumorali possano influenzare reciprocamente il microbioma e causare effetti collaterali. A tal proposito Khalid Shah ha, infine, concluso dichiarando: "Nel complesso questi risultati supportano la possibilità di influenzare il microbioma intestinale per ridurre gli effetti collaterali dei trattamenti oncologici convenzionali. Tuttavia vi è una scarsa comprensione dell'aspetto del consorzio batterico "ideale" nell'intestino ed i risultati dei modelli preclinici possono o meno tradursi in applicazioni nell'uomo. È necessario usare cautela prima di utilizzare i probiotici o di apportare modifiche alla dieta. Molti studi clinici sul cancro stanno attualmente esplorando l'influenza del microbioma per contribuire a risolvere alcune limitazioni e lacune nella comprensione. Tra questi vi sono prove di trapianto di microbi fecali, integratori alimentari e nuovi farmaci che possono influenzare la composizione del microbioma. Ci sono forti evidenze che il microbioma intestinale possa avere un'influenza positiva sulle terapie antitumorali. Rimangono interessanti possibilità da esplorare, tra cui l'influenza di una dieta sana, dei probiotici, di nuove terapie ed altro ancora".
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